Un popolo che segue il suo Pastore

 

Basilica di San Giovanni in Laterano

IV Domenica di Pasqua, sabato 10 maggio 2025

(At 13:14.43.52; S 99; Ap 7:9.14b-17; Gv 10:27-30)

 

 

Questo pomeriggio ci siamo mossi insieme, verso un’unica direzione, con una mèta condivisa. Abbiamo camminato come un solo popolo, compiendo il pellegrinaggio giubilare come comunità parrocchiale. E questo gesto ci ricorda chi siamo: un popolo in cammino, un popolo sinodale anche quando nella vita quotidiana seguiamo percorsi diversi. Camminiamo perché convocati, chiamati da Colui che si è rivelato a noi come il Buon Pastore: Gesù Cristo, nostro Signore e nostra speranza. È Lui che guida la Chiesa pellegrina sulla terra, conducendola verso il Padre.

In modo particolare, trovandoci qui, nella Chiesa della cattedra del Vescovo di Roma, viviamo questo pellegrinaggio giubilare nella gioia per il dono di un nuovo Pastore, Papa Leone XIV.  I giorni appena trascorsi, segnati dalla morte e dai funerali di Papa Francesco, e poi dall’attesa e dall’elezione del nuovo Pontefice, ci hanno ricordato quanto il Papa, Successore di Pietro, sia un dono per la Chiesa, per ciascuno di noi battezzati, perfino per tutti gli uomini e le donne del mondo. Abbiamo bisogno del Papa, perché ci conferma nel cammino della fede, seguendo le orme del Buon Pastore.

Vi invito a riflettere su un segno significativo, che può passare inosservato: quando il Papa si è affacciato sulla Loggia delle Benedizioni giovedì scorso, è stato preceduto dalla Croce. Questo ci ricorda che il Papa è innanzitutto un discepolo, uno che ascolta la voce del Signore e lo segue. Anche voi, venendo in pellegrinaggio, avete seguito la Croce. Ogni giorno, in Via della Conciliazione, vedo tanti gruppi camminare verso la Porta Santa della Basilica di San Pietro, guidati dalla Croce. Così anche nella Messa: il celebrante segue la Croce portata dai ministranti.

È un segno eloquente: se camminiamo insieme è perché siamo chiamati a seguire Gesù, il Buon Pastore. Veramente, come ci ha ricordato il Papa: “Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede.” Siamo chiamati ad accogliere l’invito che ci fa oggi il Salmista: «Riconoscete che solo il Signore è Dio; egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo.»

In questa Quarta Domenica di Pasqua, la Domenica del Buon Pastore, desidero condividere con voi tre parole-chiave, che parlano della nostra vocazione a seguire Gesù: ascoltare – accogliere – annunciare. Non è un caso che in questa domenica tutta la Chiesa preghi per le vocazioni.

1. Ascoltare

Nel Vangelo, Gesù afferma: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.»

Camminare è possibile solo se apriamo il cuore alla voce del Pastore che ci chiama.
Poco prima, Gesù dice che le pecore seguono il pastore perché conoscono la sua voce, ma non seguono l’estraneo perché la sua voce non la conoscono (cfr Gv 10,4-5). Ascoltare significa distinguere la voce di Gesù, una voce che parla al cuore, che ci ama, che ci conosce. Non si ascolta per timore, ma per amore. È la voce del Pastore vero, non quella di un ladro o di un mercenario. Come ha detto Papa Leone nel suo primo saluto come Vescovo di Roma, quello che ci chiama è “il Cristo Risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio.” E il saluto del Risorto è: “La pace sia con tutti voi!”

Carissimi, per ascoltare il Buon Pastore dobbiamo fare spazio alla Parola di Dio, che ci apre al Suo amore, ci aiuta a comprendere noi stessi come amati, figli e figlie di Dio, fratelli e sorelle tra di noi.
Solo così troviamo il coraggio di continuare il nostro cammino di pellegrini, come ci ha augurato il Papa: “Vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicina specialmente a coloro che soffrono.”

2. Accogliere

(La seconda parola è accogliere.) Gesù promette alle sue pecore la vita eterna. Siamo destinatari di una vita che non finisce mai, una fedeltà che non viene meno. Questo dono l’abbiamo ricevuto nel Battesimo, quando siamo rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo. Ma ogni giorno siamo chiamati a dilatare il cuore per accogliere questo dono, vivendo uniti a Gesù nella fede, nei sacramenti, nella carità. Accogliere la vita eterna significa passare dalla logica del vivere per sé stessi a quella del vivere per gli altri, passare con Cristo dalla morte alla vita.

Viviamo in una cultura segnata dalla solitudine, dall’individualismo, chiusi nelle nostre gabbie, forse gabbie comode, dorate, ma sempre gabbie… Se pensiamo al calo delle vocazioni nell’Occidente – ogni vocazione sia quella per la vita consacrata, religiosa, sacerdotale, sia quella per il matrimonio – uno dei fattori è certamente la paura di rischiare la propria vita, la paura di perdersi, perché presi troppo dal calcolo. La paura di perdere qualcosa ci paralizza. Ma chi accoglie la vita di Cristo scopre la grandezza dell’amore di Dio. Come dice Gesù, il Padre «è più grande di tutti» e nessuno può strapparci dalla sua mano. E Papa Leone ci ha rassicurato: “Dio ci vuole bene. Dio ci ama tutti e il male non prevarrà. Siamo tutti nelle mani di Dio.”

A voi, particolarmente giovani e giovanissimi, questo invito – vi è donata la vita eterna: vivete veramente, passate dalla morte alla vita, accogliete questo dono grande e lasciatevi coinvolgere dalla logica del dono, del Pastore che dona sé stesso. Riscopriamo la bellezza del Battesimo.
Essere una Chiesa sinodale e pellegrina significa accogliere il dono e la chiamata che ci viene dal Battesimo (cfr DF 21).

3. Annunciare

(La terza parola è annunciare.) Papa Francesco ci ha detto che siamo discepoli-missionari. Tutti siamo chiamati alla missione. Come afferma il Documento Finale del Sinodo: “Nella comunità cristiana, tutti i Battezzati sono arricchiti di doni da condividere, ciascuno secondo la propria vocazione e la propria condizione di vita” (DF 57).

Nella prima lettura abbiamo visto Paolo e Barnaba annunciare il Vangelo ad Antiochia. Di fronte al rifiuto dei Giudei, non si scoraggiano, ma colgono in quella difficoltà un nuovo segno di missione.
Anche noi incontriamo ostacoli, talvolta dentro le nostre stesse case o perfino nei nostri ambienti parrocchiali! Ma coraggio – chiediamo allo Spirito Santo di indicarci nuove vie a livello personale, parrocchiale, ecclesiale per testimoniare che Cristo è Risorto! Siamo chiamati a portare il suo saluto di pace, quella pace, che come ci insegna il Papa, è una pace “disarmata e disarmante, umile e perseverante”.

Chiediamo allo Spirito Santo nuove vie, nuove parole, nuovi gesti, per evangelizzare con gioia. In questi giorni, l’attenzione del mondo intero per l’elezione del nuovo Papa ci ha mostrato quanto il mondo abbia bisogno del Vangelo. Come ha detto il nostro Vescovo giovedì scorso: “Il mondo ha bisogno della sua luce [di Gesù]. L’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace.” Allora, “senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti.”

Carissimi, voi avete come patrono Sant’Atanasio, che ha mantenuto viva la luce della fede, difendendo il Credo del Concilio di Nicea contro l’eresia ariana nonostante le tante persecuzioni ed esili che ha sofferto. Paolo, Barnaba, Atanasio… tutti i grandi evangelizzatori ci insegnano che non c’è niente di più bello che annunciare il Signore, pieni di gioia e di Spirito Santo.

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Ascoltare – accogliere – annunciare: ecco, carissimi fratelli e sorelle, alla luce del Cristo Risorto, il Buon Pastore, la Porta delle Pecore, proseguiamo insieme il nostro cammino, pellegrini della speranza, affidandoci, in questo mese di maggio, alla protezione della Vergine Maria, Salus Populi Romani e Madre di tutta la Chiesa. Amen.

Omelia del Cardinale Mario Grech Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi